segue...
Certamente esisteva il 17 giugno 1403, poiché in detto giorno "In
Aurontio Cadubrii ad Heremitorium subtus Ecclesiam S. Chatarinae"
venne stipulato il contratto d'affittanza dei pascoli della Digola,
concessi da Lorenzago ai sappadini.
Nel 1537, il 16 agosto, alla presenza
del vice arcidiacono del Cadore e vice pievano di Pieve, don Antonio
Vecellio, e del vice pievano d'Auronzo don Giacomo, il notaio Filippo
Barnabò da Vallesella compila il primo inventario dei beni della chiesa
di S. Caterina "in romitorio". Da questo risulta possedere la
chiesa: un prato in regola di Zuogo (Zovo) in luogo detto Arim; altri due
a Stabiorco, uno in Ajarnola, un campo in Castel, un altro in villa di S.
Lucano in Val de Medo (?), un campo in Costa, un altro presso il forno dei
De Filippo: un campo in Malon al Col de le Balat... un prato a Sommocroda,
un altro in regola di Zuogo in A Via; un altro nella stessa regola a Col.
Incassa inoltre la chiesa soldi XI per una casa posta lì accanto.
Dal
notevole patrimonio della chiesa, se ne può arguire l'antichità.
Fra le
entrate della chiesa notiamo tre lire annue del marigo (sindaco) del
comune; il "proto degli arbori" cioè il capo operaio della
foresta di San Marco, per poter far lavorare gli operai nel giorno di S.
Caterina (25 novembre) versa alla chiesa due soldi per ogni manovale,
quattro soldi per i bovari coi buoi.
Il capitano delle cèrnide (milizia
locale creata da Venezia) nel 1650 paga lire 1 per "la maitinada de
Pol de Pais".
La chiesa vende anche "pezzetti di torzi" ai
viandanti che di notte vanno in Comelico.
Fra le entrate troviamo ancora
nel 1600 otto libbre di formaggio e sette di burro che il comune da quale
quota del prodotto caseario dei pascoli; dal banco posto in chiesa si
levarono cinque calvie di biade, dallo "zucco" si tolsero lire
10:10, i campi e i prati affittati rendevano lire 100:17.
Il pievano aveva
nove lire all'anno di elemosina per dire una messa al mese.
Nel 1660 la
chiesa contribuisce alle spese per la visita pastorale con lire 125 e,
dopo il 1770, versa ogni anno due o trecento lire per la costruzione della
nuova chiesa di S. Giustina, nel 1775 lire 377:7.
Nel 1553, essendo forse
cadente o troppo piccola, si deliberò di costruirne una nuova: il 21
luglio tra il marigo di Auronzo Girolamo Da Corte e "bistro Nicolò
Ruopel murador de Cargna" pare venisse stipulato il contratto.
II
Ruopel nel 1538 aveva costruito la chiesa di S. Antonio a Candide e nel
1550 quella di S. Leonardo a Casamazzagno; andò poi ad accasarsi e a
vivere a Perarolo.
Le tre chiese costruite dal Ruopel sono simili nelle
misure: quella di S. Caterina ha la pianta quadrata con abside
pentagonale, tre finestre archiacute, due nell'abside con traforo
circolare retto da tre archetti pensili; una venne chiusa poi per
addossarvi la sagrestia.
L'altra finestra, sempre verso sud, è nella
navata, ha un traforo a tre scomparti nella lunetta.
Nella facciata vi
sono, ai lati della porta, i due unici contrafforti, due finestre
quadrate.
La porta è a cordoni intrecciatisi agli angoli; sopra la porta,
all'esterno, è dipinto lo stemma del patriarca d'Aquileia Giovanni
Grimani (patriarca dal 1546 al 1592) e, sopra, un modesto affresco con S.
Caterina.
Sotto la grondaia corre uno stretto fregio a rabeschi su fondo
bianco.
Sul tetto a più spioventi, in continuazione del muro della
facciata, ma verso nord, un arco a tutto sesto, con un tettuccio analogo a
quello della chiesa, porta una campanella.
L'interno è a nervature con
chiavi a torma di scudetto.
A sud, nel 1623, era stata addossata una
piccola sagrestia, demolita durante i restauri del 1952.
Al sommo
dell'arco trionfale sta scritto: 1554. ADI. 5. ZUGNO M°. NICOLO. DE.
RUOPEL. DE. CA(R)GNA A. FATA. LA. PRESENTE. FABRICA.
La chiesa era stata
ben arredata attraverso i tempi: aveva una pala fatta con "quattro
taioni" di cirmolo tolto in Misurina nel 1626, intagliata in tre
settimane dai "marangoni", indorata usando cento pezzi d'oro nel
1632 da "messer Pietro Fazut" che, col figlio, dipinse anche il
coro per lire 700.
I "balaustri" del coro, in legno di cirmolo,
vengono eseguiti nel 1623, l'anno dopo si fa la "somassa"
davanti all'altare e nella sagrestia, si acquista a Venezia un Crocefisso
da porre in sagrestia.
Nel 1637 mistro Pietro Fazut dora il piede della
croce, si acquista a Venezia un turibolo d'ottone con navicella, si dorano
i doppieri dell'altare.
Nel 1638 si acquistano, sempre a Venezia, una
lampada d'ottone e nel 1642 una croce d'argento (spesa di lire 458) due
candelieri d'ottone (lire 46:17) e due cuscini di "cuoridoro"
(lire 6).
Nel 1654 si acquista, a Venezia, una pianeta rossa di "damaschetto"
per lire 176:14, nel 1662 un'altra uguale, ma bianca e rossa con le
"romane" d'oro, stola e manipolo, per lire 190.
Nel 1683 il
"magnifico comune" fece costruire i pilastri parallelepipedi
dinanzi alla chiesa, per poter avere quel portico che tuttora sussiste e
permettere a maggior numero di fedeli d'assistere alle sacre funzioni al
riparo dalle intemperie, ma anche per offrire un po' di sosta protetta ai
passanti diretti in Comelico prima d'iniziare la salita di Ceva (Chieva,
Cleva, da clìvus, clivum, italiano pendio, salita) che, allora e fino al
1840, era la Maggiore via per Danta e per il Comelico inferiore.
Nel 1674
Lucio Vecellio intaglia due angeli, li dora e li colora, dieci anni dopo
Francesco Larese ne intaglia altri tre, li dora e li pone sopra la pala:
di questi angeli di rozza fattura, se ne conservano ancora.
Nel 1687 Zuane
Pais fabbrica l'antipetto per l'altare, Lucio Vecellio lo dora: portava al
centro il paliotto in cuoio dorato con S. Caterina, ora restaurato ed
esposto in cornice. Nel 1691 Francesco Larese e Zuanne di Pais intagliano
due pale, stimate da Eugenio scultore di Pieve del valore di lire 500;
cinque anni dopo G. B. di Bartolomeo Larice costruisce due altari di muro
nella chiesa, ora demoliti.
Nel 1723 si fa dorare "la cornice della
chiesa" sarà la trave dell'arco trionfale o quella cornice che
porterà i cuoi dorati di cui era rivestita, a guisa di dossali, l'abside?
Nel 1727 i cuoi dorati erano già a posto se in detto anno e nel 1729 si
acquista "San Gallo torchin" e "tella torchina per coverder
o fenir de guerder li Cuori d'oro".
Può darsi che i cuoridoro siano
stati donati, non trovandosi segnata la spesa nei registri.
Dopo il 1737 i
conti sono comuni colla chiesa di S. Michele d'Ansie d'Auronzo, cioè la
chiesa di Stabiziane.
Sono notevoli le spese per fondere numerose crosete
o crosetole d'argento che vengono poste sulla croce d'argento; si vede che
nelle molte processioni le crocette si perdevano facilmente.
Venivano fuse
in Auronzo.
In Germania e dalle monache si acquistano palme e vasi per
palme.
Nel maggio 1952 il consiglio comunale di Auronzo delibera di dare
un milione di lire - seguì un secondo contributo di lire 500.000 - per i
restauri della chiesa di S. Caterina da eseguire sotto la vigilanza della
soprintendenza ai monumenti di Venezia.
Venne allora demolita, come si
disse, la sagrestia che nascondeva all'esterno una bella finestra
archiacuta uguale alle altre due.
La porta della soppressa sagrestia
veniva trasformata in armadio.
Venne rifatto il tetto che, in origine, era
a "scandoletta" ma che poi tanti anni fa si sostituì in tavelle
dipinte.
Le fondazioni vennero rifatte o rinforzate, rifatto il pavimento
della navata con lastre a due colori di pietra di Ponte nelle Alpi.
Sono
stati tolti i cuoi dorati e la cornice che li sosteneva, così il paliotto
e la pala dell'altare, nell'intenzione di riportare tutto alla primitiva
semplicità, di preservare i cuoi dall'umidità e di riesporli in cornice
sotto vetro nella navata.
Il basamento dell'altare è stato ricoperto con
pietra di Castellavazzo, è stato rifatto il portone d'ingresso in noce,
restaurati gli intonaci interni ed esterni.
Sono così riapparse le figure
a tempera dell'abside dovute al pennello di Mistro Pietro Fazut: una scena
che rappresenta forse il donatore della chiesa che la consegna alle
autorità ecclesiastiche.
In corrispondenza della finestra chiusa, meglio
conservato, il dipinto con un momento del martirio di S. Caterina.
Il 25
novembre 1952 i restauri venivano inaugurati.
Nell'estate 1954 giungevano
le nuove finestre con intelaiatura in ferro dalla casa Oriens di Treviso.
Sul pilastro di sinistra del portico veniva posta una lapide con la
seguente iscrizione:
CONSACRATO
A S. CATERINA D'ALESSANDRIA
NELL'ANNO 1554
QUESTO TEMPIO
FU RIPORTATO NEL PRIMITIVO DECORO
NELL'ANNO 1552
PER DESIDERIO DEI FEDELI
E DELLA PUBBLICA
AMMINISTRAZIONE
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