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e
dove, poi, vennero erette le altre precedenti l'attuale.
Sappiamo che nel 1436 “mistro Jorio de Luonz”,
cioè mistro Gregorio da Lienz, costruì il campanile, forse l'attuale o,
almeno, la parte più bassa: perciò pensiamo che qualche anno prima
sorgesse la chiesa, alla cui abside venne addossato il campanile.
La chiesa era volta con il coro a oriente, secondo le norme di allora e la
facciata guardava Paìs.
Certamente la chiesa occupava gran parte
dell'attuale vecchia piazza che nella parte bassa aveva una gradinata di
due o tre scalini da cui si accedeva alla chiesa e poi solo alla piazza.
Dagli atti della visita pastorale del 1604 del vescovo Ermolao Barbaro,
coadiutore del Patriarca d'Aquileia, sappiamo che la chiesa aveva quattro
altari, il coro dipinto con pitture antiche e un altare in pietra.
L'altar
maggiore aveva una pala scolpita in legno con la Beata Vergine e s.
Giustina, le balaustre in legno e sulla trave dell'arco trionfale il
Crocefisso.
In cornu Evangeli c'era l'altare della B.V. Annunziata in
pietra con icona dipinta e, ancora, l'altare di s. Antonio in pietra.
Di fronte all'altare della Beata Vergine c'era quello di s. Nicolo.
Il campanile aveva tre campane, nel 1921 portava ancora il segno
dell'antica chiesa e quello della porta che dal coro metteva al campanile;
la porta attuale del campanile venne aperta quando si costruì la chiesa
odierna.
Nel 1737 il campanile venne alzato su disegno dell'architetto
Della Rosa di Belluno.
Riconosciuta troppo piccola la vecchia chiesa, nel 1760 si deliberò di
costruirne una nuova nelle Vare del Corte e nel 1765 si approvò il
progetto di Angelo e Felice Del Fabro e Domenico Schiavi, tutti da
Tolmezzo.
Entro sei anni la nuova chiesa di passi 19 x 9 e mezzo entro il
muro, più il coro, doveva essere costruita e pagata lire 42.000.
La chiesa nel 1772 era già costruita, di m. 32 x 16, più il coro, ad una
sola navata, di stile corinzio.
E' la chiesa maggiore del Cadore e venne
consacrata il 23 giugno 1790 dall'arcivescovo di Udine Niccolo Sagredo, in
quanto a quel tempo il Cadore, a livello di diocesi, era sotto Udine.
Si
dovrà attendere il 1846, quando Papa Gregorio XVI, nato a Belluno, tolse
il Cadore dalla diocesi di Udine per unirlo a quella di Belluno.
All'esterno è imponente e semplice, in stile con le case cadorine, è
bella all'interno.
Il campanile, benché più vetusto, è intonato alla
chiesa.
Vi sono sette altari tutti grandi e tutti belli; nel coro Giovanni De Min
dipinse a olio i due quadroni "La resurrezione di Lazzaro" (1827) e
"La
profanazione del Tempio" (1834), misurano ben 35 mq. ciascuno, riscossero
l'ammirazione dei competenti di allora, specie il primo, poi i colori,
poco buoni, sbiadirono e la polvere e l'umidità ridussero la pittura a
ben poco.
Nel 1908 il pittore Dolcetta li restaurò assai bene.
Anche gli affreschi del coro sono del De Min: La Trasfigurazione, L'Incoronazione e i Santi (Caterina, Barbara, Michele Arcangelo, Stefano,
Giovanni Battista, Giuseppe, Rocco e Antonio di Padova), I quattro
Evangelisti, Le tre Virtù Teologali (a. 1855); tutti gli affreschi sono
ben conservati.
Al centro del soffitto della navata un pittore ignoto ha dipinto: in mezzo
il martirio di s. Giustina, verso il coro s. Giustina in gloria,verso la
porta maggiore i ss. Prosdocimo e Lucano in gloria.
L'altar maggiore, in marmo, di stile barocco, è di Giovanni Mattiussi da
Udine, le statue laterali, pure barocche, di s. Giustina e s. Prosdocimo,
sono del Ricci di Padova.
Scendendo in cornu Evangeli: Altare della
Madonna del Carmine, l'altare vecchio era in legno con la statua della
Madonna di Girolamo Comuzzi del 1635; quello odierno è in marmo, dello
scultore Francesco Aloi di Gemona, con ornamenti di stile barocco; la
statua è uno dei primi lavori di Tiziano De Luca Cinque da Borca (a.
1891), meno espressivo il volto della Vergine, più grazioso quello del
Bambino.
Accanto vi è l'altare dei ss. Nicolò e Silvestro, in marmo, opera di
Pietro Fantoni da Gemona, la pala è del Grigoletti: s. Nicolò da Bari è
seduto, s. Silvestre papa è in piedi, è una pala ammirata per la sua
bellezza; è stata ripulita nel 1908 dal Dolcetta; il bassorilievo della
mensa rappresenta ancora s. Nicolò cui un devoto bacia la veste, dietro vi
è un angelo che regge la mitria.
Presso l'ingresso principale c’è l'altare della Sacra Famiglia: è in
pietra e marmo.
Vi era un tempo sull'altare una statua della Madonna della
Salute che ora si trova in sagrestia, venne sostituita con una tela
d'autore ignoto con la Madonna e il Bambino, i ss. Francesco d'Assisi,
Antonio di Padova e Giovanni Battista: essendo poco apprezzata, la pala
venne portata nella chiesa delle Grazie e nel 1902 Tommaso Da Rin dipinse
la pala attuale con le stesse figure (solo s. Giovanni Battista venne
sostituito con s. Giuseppe ottenendo così una Sacra Famiglia).
Di fronte alla Sacra Famiglia vi è l'altare delle Anime, è in pietra, la
pala con le Anime Purganti è del De Min (1833).
Risalendo la chiesa in
cornu epìstolae, abbiamo l'altare di s. Antonio abate, in marmo, del
Fantoni appena ricordato, il parapetto della mensa ha le Tentazioni di s.
Antonio.
La pala è un bei lavoro di Antonio Zona e rappresenta s. Antonio
abate seduto in terra in atto di leggere in un libro, alla sua sinistra
sta in piedi s. Lorenzo martire con la palma del martirio.
L'ultimo altare, a destra di chi entra, è quello del Cristo: è opera di
Giacomo Pischiutta da Gemona (1793).
E' tutto in marmo, nella nicchia
centrale è posto Cristo in croce, pure di marmo.
La figura del Crocefisso
è un po' di maniera, ha però una forte espressione di dolore; ai lati
della nicchia sono scolpiti gli strumenti della Passione.
Costò 1800
ducati.
Di scarso valore sono i quadri della Via Crucis e anche le statue barocche
di legno degli Apostoli poste nelle nicchie (interno e facciata) dello
scultore Giovanni Fossen di S. Candido.
Le due della facciata (le
migliori) sono state portate nella cappella ricavata dalla sagrestia di
ponente e dedicata alla memoria di don Osvaldo Ronzon (1958).
La chiesa vecchia aveva già un suo organo, ma per la nuova era troppo
piccolo e, allora, se ne acquistò un altro nel 1780 dal celebre Gaetano
Callido di Venezia per mille ducati; verrà poi modificato da G.B. De
Lorenzi.
Nel 1776 si decise di erigere nella chiesa di s. Giustina una Via Crucis,
ma questa doveva servire solo nell'inverno: nella buona stagione doveva
essere tolta e i penitenti salire il Colle del Calvario, dove verrà
accomodata la strada.
Nel 1740 la chiesa possedeva, tra l'altro, un ostensorio d'argento donato
dal nob. Florio Poli, quattro candelieri in argento, dono del nob. Giacomo
Poli, un diadema d'argento per la B.V. del Carmine, un abito di seta a
fondo rosso e fiori bianchi per la Madonna del Carmine e il Bambino, con
cintura di filigrana d'argento, dono di Cecilia Caterina, germanica, sposa
di Mattio Corte.
Verranno nel 1797 i francesi a requisire alle chiese d'Auronzo
ben Kg. 4,500 d'argento.
Nella sagrestia si conservano i ritratti dei pievani Rizzi, Zanella,
Janesi, Da Ru, Gregori, Da Rin e Puliè.
Quelli dei monsignori Gregori e
Da Rin sono opere di Tommaso Da Rin.
Nel 1700 la chiesa possedeva quattro gonfaloni dipinti.
Il 24 luglio 2007 la
Chiesa di Santa Giustina di Auronzo ospitava un incontro fra papa
Benedetto XVI ed il clero delle Diocesi di Belluno-Feltre e Treviso.
(testo della
conversazione)
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